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Amare non è possedere

In amore, ognuno di noi è responsabile di quello che prova e non può incolpare l’altro per questo. Nessuno perde nessuno, perché nessuno possiede nessuno. E questa è la vera esperienza della libertà: avere la cosa più importante del mondo senza possederla – Paulo Coelho

Spesso confondiamo l’amore con la possessione e la gelosia con la misura del sentimento che proviamo ma in realtà l’amore vero dovrebbe essere unione e condivisione tra due anime che hanno deciso di percorrere assieme una parte del loro cammino e che, pur mantenendo la loro identità, decidono di condividere lo stesso destino.

Sappiamo di amare davvero qualcuno e capiamo che quell’amore è sano quando anche se divisi, siamo felici, apprezziamo il tempo che passiamo assieme e scegliamo consapevolmente di stare vicini.

Il vero amore è qualcosa che non si può possedere ma si può vivere e avere vicino ogni giorno della tua vita. Quando però ci sentiamo così onnipotenti da volerlo afferrare e trattenere questo svanisce lasciandoci vuoti, afflitti e con un pugno di mosche in mano. Questa è la bellezza unica dell’amore che ci spiega anche che le cose belle non possono essere controllate possono solo essere vissute così come la vita è una meraviglia che va vissuta in tutto il suo splendore.

Praticare un’arte marziale per la crescita personale (2a parte)

La pratica di un’arte marziale viene spesso vista come accrescimento della propria forza e destrezza al fine di saper gestire al meglio un’aggressione e imparare come sconfiggere un nemico.

Fortunatamente oggi non ci è più richiesto di batterci per la nostra sopravvivenza, la sicurezza ci è garantita dalle forze dell’ordine e subire un’aggressione che metta a repentaglio la nostra vita non è cosa di tutti i giorni (seppur sapersi difendere possa essere utile e auspicabile).

Praticare un’arte marziale, oggi, per me, significa avere l’occasione di percorrere un fantastico viaggio di conoscenza dentro se stessi.

Karate-do, Aiki-do, Ju-do, Ken-do, Bu-do non a caso contengono il suffisso “do” che in giapponese significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “percorso”, “via”, “cammino”. Non si parla in senso solo fisico ma si chiama in causa anche in significato spirituale.

Il suffisso sta a significare una evoluzione dell’arte marziale da pura e semplice tecnica di combattimento a disciplina volta a realizzare nel praticante un’elevazione di tipo “spirituale” nel quale si utilizza la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità interiori del praticante.

Attraverso la pratica costante si sperimenta uno stato di auto-ascolto in cui si ha una maggiore consapevolezza di sé, attraverso la simulazione di un combattimento si impara a conoscere meglio se stessi, si sperimenta l’ascolto dell’altro in una sorta di stato empatico persistente, grazie all’allenamento si rafforza l’intenzione e la presenza nel qui e ora e il tempo e lo spazio si dilatano, svanisce la paura, regna uno stato di “quiete attiva”.

In tutto questo la tecnica è solo un escamotage, una sfumatura, un mezzo utile al principiante per fare pratica e raggiungere uno stato di coscienza e di unione e comunione tra corpo, mente e spirito.

Ma mano che ci si allena e aumenta la consapevolezza, la tecnica diventa via via meno importante, si inizia a fare sintesi, non è più importante cosa si fa perché in ogni movimento o “non movimento” si percepisce l’essenza e la perfezione del tutto e l’arte marziale inizia a vivere in ogni cosa che si fa.

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Matteo Tessarotto
Articolo di Matteo Tessarotto.

Praticare un’arte marziale per la crescita personale (1a parte)

Se qualcuno mi chiedesse perché pratico un’arte marziale direi che è perché completa la mia vita e soddisfa la voglia di mantenermi in salute attraverso un buon allenamento fisico, mentale e spirituale. È un veicolo attraverso il quale riesco a comunicare con le persone fornendo loro nel contempo uno strumento di analisi introspettiva.

Sono sempre stato affascinato dalle arti marziali e dalla loro filosofia.

C’è chi ci vede una pratica sportiva ma per me sono molto di più, sono ciò che ha formato il mio carattere negli anni, sono ricerca di un sempre maggiore equilibrio interiore, sono strumento di ascolto e comprensione, sono un canale di comunicazione.

Se si tralasciano i dettagli tecnici, se si pratica con passione e non si ha fretta di ottenere risultati (esteriori) si scopre qualcosa che va oltre lo sport o l’allenamento fisico, si scoprono dei principi applicabili alla nostra vita e al modo di relazionarci con il mondo che ci circonda.

Esagerato? Non credo e vi porto come esempio alcuni tra i venti principi del karate tratti dall’omonimo libro del Maestro Funakoshi, padre del Karate Shotokan, per spiegarvi quanta saggezza ci sia nella pratica marziale se si è disposti a lavorare in modo sincero e costante.

1.non dimenticare che il karate-do inizia e finisce con il saluto” ovvero sii rispettoso, (combatti e) vivi secondo le regole, sii moralmente integro, non lasciarti prendere dall’ira, sii misurato, rispettoso e corretto con tutti

4.conosci prima te stesso e poi gli altri” ovvero non puoi essere in equilibro con il mondo (ciò che è al di fuori di te) se prima non sei in equilibrio e non conosci a fondo te stesso

5.lo spirito viene prima della tecnica” ovvero non cercare spasmodicamente la forma ma concentrarti sull’essenza di ciò che fai, togli invece di aggiungere, nella semplicità sta la chiave di una consapevolezza superiore

6.libera la mente (il cuore)” ovvero ascolta con la tua parte più intima, sii creativo e spontaneo come un bambino e abbandona ogni rigidità fisica e di pensiero

10.applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza” ovvero vivi secondo i tuoi i valori, applicali senza paura a ogni ambito della tua vita perchè solo così troverai serenità e giungerai all’autorealizzazione e all’espressione piena del tuo sé

11.il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda” ovvero sii costante in ciò che fai, impegnati ogni giorno con passione e dedizione e se saprai restare sulla via, per piccoli passi (e non senza fatica), raggiungerai il tuo obiettivo

14.nel combattimento devi saper padroneggiare il pieno e il vuoto” ovvero sii come l’acqua che fluisce senza opporre resistenza ma che sa essere forte e determinata al punto di sgretolare la roccia; adattati alla situazione cambia in funzione del contesto, solo così uscirai vincitore

Io ci trovo un infinito buon senso, una profondità di pensiero che va oltre la pratica del karate e attraverso la metafora marziale Funakoshi ci conduce attraverso un meraviglioso cammino di crescita interiore e integrazione con il mondo e tutto ciò che ci circonda.

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Matteo Tessarotto
Articolo di Matteo Tessarotto.

Medicina e salute ai nostri giorni

Se cerchiamo la definizione di medicina su Wikipedia leggiamo: “la medicina è la scienza che studia il corpo umano al fine di garantire la salute delle persone, in particolare riguardo alla definizione, prevenzione e cura delle malattie, e alle diverse modalità di alleviare le sofferenze dei malati (anche di coloro che non possono più guarire)”.

Non sto a sindacare su cosa sia oggi la medicina, cosa sia diventata o quali interessi si celino dietro ad essa ma trovo eccezionale il concetto di medicina per la tradizione cinese.

La medicina cinese è una medicina di comunità per cui la salute del singolo è direttamente collegata allo stato di salute della comunità in cui vive ed è responsabilità della collettività mantenere e garantire la salute di ogni individuo.

La semplicità e la magnificenza di questo concetto sono disarmanti. Prodigarci per la salute di chi ci sta vicino non solo garantirà un migliore stato di salute per il prossimo e per la comunità nel suo complesso ma garantirà a me di non entrare in contatto con individui portatori di malattie e di ricevere il medesimo trattamento nel caso in cui il mio stato di salute venga meno.

Concetti di collettività, gruppo, condivisione, collaborazione, conforto, aiuto, altruismo, interdipendenza, sostegno che erano normali per le comunità agricole e contadine dei nostri nonni di non più di 50-60 anni fa.

Oggi invece vige la regola “mors tua vita mea”, ognuno chiude dietro di sè la porta di casa e affonda la testa nella sabbia come lo struzzo pensando così di lasciare fuori problemi e invece questo serve solo a farci sentire falsamente sicuri e più soli nel momento del bisogno.

Se cerchiamo invece la definizione di salute, su Wikipedia, si fa riferimento alla Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità e la si definisce: “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.

Oggi la medicina opera veramente per il raggiungimento del completo benessere fisico o si limita, a volte senza neppure riuscirci, a lenire o soffocare i sintomi del malessere fisico e psicologico?

A me fa pensare la frase che recita: “la salute non è una condizione di semplice assenza di malattia”. La salute può davvero essere equiparata alla semplice assenza di malattia o è uno stato più alto di benessere in cui l’individuo può stare bene a prescindere da quella che è la sua integrità fisica?

Forse la medicina di oggi ha dimenticato che l’individuo è più di un corpo fisico ma è anche interazione sociale con gli altri uomini e con la natura.

Forse è per questo che molti nel momento del bisogno si allontanano dalla medicina come scienza esatta e ritrovano se stessi e la propria dimensione nell’approccio olistico delle medicine chiamate alternative.

Forse sarebbe sufficiente riportare i medici e la medicina occidentale a un rapporto più umano con il paziente, rimettendo al centro l’uomo e la sua individualità e unicità in relazione con tutto ciò che lo circonda.

I nostri avi lavoravano e vivevano secondo i ritmi della natura, oggi invece ci siamo talmente estraniati dal tutto che oziamo nella stagione del nostro massimo vigore per lavorare duramente nel tempo che sarebbe del rinnovamento, dell’ozio e della raccolta delle energie e poi ci stupiamo se ci sentiamo “fuori fase” o disconnessi dal resto del mondo.

Io aspiro a una medicina che abbia come obiettivo quello di preservare la salute delle persone e non solo di curarle, che sappia lenire allo stesso modo le pene del corpo, della mente e dello spirito cogliendo l’unicità di ognuno in perfetta sincronia con tutto ciò che ci circonda.

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Matteo Tessarotto
Articolo di Matteo Tessarotto.

Giocare con le spezie

Senza dubbio le spezie sono alleate preziose in cucina per la salvaguardia della salute e la prevenzione dalle malattie ma quello che mi piace delle spezie, che mi affascina e mi porta a usarle e conoscerle, sono i loro profumi e i loro colori.

Avete mai provato a fermarvi davanti a un banco del mercato, quello di una fiera o semplicemente entrare in un negozio che vende spezie?
Vi troverete immersi in un caleidoscopio di colori caldi, di profumi forti e inebrianti che per un momento ti faranno pensare di essere in un mercato di Marrakesh o tra le vie di Damasco.

Socchiusi gli occhi e lasciato che i sensi vengano pervasi da questa armonia saremo condotti in un viaggio tra sapori esotici, le diverse consistenze e forme stimoleranno il tatto, i tanti profumi consentiranno di giocare a comporre un puzzle, ci si sentirà scaldare dentro e sembrerà di udire suoni e parole di genti lontane.

Ma tra tutte quali scegliere, quali provare?
Io consiglio di sperimentare, lasciarsi andare e scegliere le spezie che “emozionano” maggiormente. Un colore, una forma, un odore ci colpiranno più di altri e allora scegliamo quello e una volta a casa, con il nostro sacchettino di spezie, giochiamo con i sapori e abbiniamo le spezie ai cibi di tutti i giorni secondo il nostro gusto e la nostra creatività.

Qualche spezia non soddisferà il palato ma sarà stato comunque divertente sperimentare, conoscere, come è bello a volte conoscere una persona e poi lasciarla andare. Altre resteranno con noi per più tempo, ci sembrerà di non poterne fare a meno e vorremo usarle tutte le volte che possiamo.. perché non farlo?!
Seguiamo l’istinto e facciamo ciò che ci piace perché la cucina è gioia, creatività e inventiva, passione e sentimento non formule perfette.

Spezie come zenzero, curcuma, cannella, cardamomo, noce moscata… possono essere usate anche nella preparazione di dolci, di cocktail, di estratti di frutta e verdura, nello yogurt… quindi che aspettate a provare?

Detto questo, se la curiosità e la voglia di conoscere non è sazia consiglio un paio di libri per approfondire e imparare a usare al meglio le spezie sfruttando anche il loro potere benefico e curativo.

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Matteo Tessarotto
Articolo di Matteo Tessarotto.

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